|
DOMANDE E RISPOSTE |
1) Quanto dura una terapia
breve strategica?
Per definizione, la terapia breve strategica è
un intervento psicoterapeutico focale breve, ma l'esatta durata della
terapia varia a seconda delle situazioni. Nella maggior parte dei casi
tale forma di intervento induce i primi cambiamenti già a partire
dalle prime sedute del trattamento. E' regola dei terapeuti strategici
(che sono affiliati al CTS di Arezzo e monitorati dal Prof. Nardone)
verificare costantemente l'efficacia dell'intervento, chiedere l'eventuale
supervisione al Prof. Nardone e, qualora alla decima seduta osservassero
il problema invariato, indirizzare la persona a un collega dello stesso
o di diverso orientamento.
2) Le sedute di una terapia breve strategica
sono settimanali?
Nelle prime fasi del trattamento le sedute della terapia
strategica possono essere sia a cadenza settimanale che quindicinale,
a seconda del tipo di problema presentato e delle esigenze della persona
stessa. Una volta ottenuto lo sblocco del disturbo, e quindi il primo
sostanziale miglioramento, le sedute vengono ulteriormente distanziate
per permettere alla persona di sperimentare nella propria vita quotidiana
le ritrovate risorse e capacità, senza che venga a crearsi
una forte dipendenza dalla figura del terapeuta. La terapia si conclude
infine con 3 controlli (follow-up) condotti a distanza di 3 mesi,
6 mesi e 1 anno dalla fine della terapia, per verificare il mantenimento
del risultato nel tempo.
3) Quanto dura
una seduta?
La durata di una seduta strategica non è mai
predeterminata, ma varia di volta in volta a seconda delle diverse
esigenze della persona in terapia, della fase del trattamento in cui
si trova e del tipo di problema presentato. La durata della seduta
può quindi variare ampiamente da un'ora o più (nei primi
incontri) fino a venti minuti (generalmente nelle fasi avanzate del
trattamento), a seconda della valutazione del terapeuta riguardo all'avvenuto
raggiungimento degli obiettivi di ciascun incontro. Anche per quanto
riguarda la durata della seduta, dunque, l'unica linea guida fondamentale
seguita dal terapeuta appare essere l'estrema flessibilità,
guidata sempre però da specifici obiettivi prefissati.
4) La terapia breve strategica dà
risultati duraturi nel tempo?
Come emerge chiaramente dai follow-up condotti a distanza
di 3 mesi, 6 mesi e 1 anno dalla fine della terapia, la presenza di
ricadute è minima e generalmente non si verificano nel tempo
spostamenti del sintomo. I risultati delle ricerche effettuate su
migliaia di casi che sono stati trattati con la terapia breve strategica
negli ultimi 15 anni, sia dal Prof. Giorgio Nardone che dai terapeuti
affiliati, hanno mostrato non solo un'elevata efficacia dell'intervento
valutata alla fine del trattamento, ma anche e soprattutto il mantenersi
di tali risultati nel tempo.
5) La terapia
breve strategica prevede l'utilizzo di farmaci?
La terapia breve strategica è un intervento di
tipo psicoterapeutico e, come tale, non prevede l'ausilio di farmaci.
Qualora il paziente arrivasse in terapia con una cura farmacologica
in corso, si suggerisce di proseguire con questa seguendo le indicazioni
del proprio medico o psichiatra. Sarà preoccupazione del terapeuta
- negli ultimi stadi della terapia e in seguito a consultazione con
il medico o lo psichiatra curante - renderlo in grado, se possibile,
di ridurre gradualmente l'utilizzo dei farmaci, fino ad arrivare ad
una completa interruzione dell'assunzione. Questo avviene, generalmente,
in tutti i casi di disturbi d'ansia (ansia generalizzata, attacchi
di panico, ossessioni, compulsioni, agorafobia e altre fobie), disordini
alimentari o depressione reattiva, che giungono in terapia con una
cura farmacologica in corso. Fanno eccezione a questa regola rari
casi, solitamente disturbi psicotici o depressioni di tipo endogeno,
in cui il terapeuta può ritenere utile una terapia di tipo
integrato e ricorrere quindi alla collaborazione di uno psichiatra.
In questi casi il terapeuta, in accordo con il paziente, richiede
al collega psichiatra un supporto farmacologico che permetta di ottimizzare
l'efficacia e l'efficienza dell'intervento psicoterapeutico.
6) Ho letto dei testi di psicoterapia strategica
in cui erano riportate anche alcune tecniche e vorrei iniziare un trattamento
psicoterapico di questo tipo. Conoscere la tecniche può in qualche
modo ostacolare il mio percorso terapeutico?
Conoscere le manovre strategiche non rappresenta in alcun
modo un ostacolo per l'efficacia dell'intervento. Nella maggioranza
dei casi, al contrario, l'essere già a conoscenza del tipo di
impegno che potrà venire richiesto in una terapia strategica
o dell'effetto che alcune tecniche possono sortire rappresenta un facilitatore
del cambiamento terapeutico.
7) Credo che un mio familiare abbia dei
problemi che potrebbero essere risolti con una psicoterapia strategica,
ma la persona in questione non vuole rivolgersi ad uno specialista.
Cosa posso fare?
Molto spesso le persone che presentano determinati tipi
di problemi, ad esempio disordini alimentari o particolari difficoltà
relazionali, rifiutano di rivolgersi ad uno specialista o appaiono
estremamente resistenti a qualsiasi tipo di intervento. In questi
casi la famiglia, se adeguatamente indirizzata, può svolgere
un ruolo fondamentale e determinante nel trattamento del disturbo.
In queste situazioni il terapeuta strategico è solito fare
un primo incontro con i familiari, o con altre persone che sono vicine
a colui che manifesta il problema, e valutare con loro cosa sia possibile
fare per intervenire. Il terapeuta strategico potrà quindi
dare indicazioni su come cercare di coinvolgere il "portatore
del disturbo" nella terapia, oppure dare indicazioni concrete
ai familiari su come comportarsi relativamente alla persona e al disturbo
in questione, ricorrendo così ad una forma di terapia indiretta.
In seguito a questo intervento può capitare che il "paziente
designato" decida di entrare in terapia in un secondo momento;
negli altri casi la terapia procede solo in maniera indiretta.
8) La terapia strategica è una
terapia puramente sintomatica? E se sì, c'è il rischio
che una volta risolto un sintomo si vada incontro a sintomi sostitutivi?
La Terapia Breve Strategica si occupa da una parte di
eliminare i sintomi o i comportamenti disfunzionali per i quali la
persona è venuta in terapia, dall'altra di produrre il cambiamento
delle modalità attraverso cui questa costruisce la propria
realtà personale e interpersonale. Ovvero, di produrre dei
cambiamenti nella percezione della realtà della persona e non
solo nelle sue reazioni comportamentali, in modo da spostare il suo
punto di osservazione dalla posizione originaria, rigida e disfunzionale,
ad una prospettiva più elastica e con maggiori possibilità
di scelta. Questo porterà ad un conseguente cambiamento anche
delle sue modalità comportamentali e delle sue cognizioni.
La Terapia Breve Strategica non rappresenta quindi una terapia puramente
sintomatica, ed è proprio per questo che, una volta risolto
il problema portato in terapia, non si sviluppano sintomi sostitutivi.
|
|
Come funziona |
La Terapia Strategica è un approccio originale alla formazione e alla
soluzione dei problemi umani che ha specifici
fondamenti teorici e prassi applicative, in costante
evoluzione sulla base della ricerca empirica. Nasce dalla tradizione della Scuola di Palo Alto, e attraverso l'apporto di altri saperi della psicologia e del pensiero, si è poi sviluppata in Europa, trovando in Giorgio Nardone il suo più creativo e geniale esponente.
|
|